lunedì 2 ottobre 2017

Sezioni Unite della Corte di Cassazione recante n° 21854 del 20/09/2017

Si rimette un commento alla recentissima pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione recante n° 21854 del 20/09/2017 che conferma, ancora una volta, il carattere vincolante del provvedimento di sospensione dei termini del Pubblico Ministero, emesso ai sensi e per gli effetti dell'art. 20, co. 7 L. 44/1999.

Ponendo la parola "fine" a prassi distorte presso le Procure ed i Tribunali d'Italia, individua l'iter per ottenere la richiesta sospensione, attraverso il lavoro certosino e lo studio approfondito della normativa da parte del professionista assegnatario della posizione.

Palese dimostrazione del suo giusto operato conformemente a quanto dispone la Legge in materia, è, senz'altro, l'ordinanza di sospensione della procedura esecutiva emessa dal Giudice dell'Esecuzione, dopo aver preso atto del provvedimento di sospensione dei termini del Pubblico Ministero, ottenuta dallo Studio Legale dell'Avv. Biagio Riccio presso il Tribunale di Castrovillari dopo la redazione di una querela con contestuale istanza di accesso al Fondo ex L. 108/1996 da parte dell'Avv. Raffaele Garofalo, su precise e concordate linee-guida dell'Avv. Biagio Riccio.

Di seguito il commento alla pronuncia della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, n° 21854 del 20/09/2017 ad opera dell’Avv. Raffaele Garofalo dello Studio Legale dell’Avv. Biagio Riccio:


Il Giudice dell’Esecuzione è vincolato al contenuto del provvedimento di sospensione ex art. 20, co. 7 L. 44/1999 del Pubblico Ministero: la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, mette la parola “fine” all’annosa questione.

La Suprema Corte, a Sezioni Unite, con  la pronuncia n° 21854 del 20/09/2017 sale in cattedra.

Con una interpretazione chiarificatrice non lascia spazio ad esegesi alternative, spesso e volentieri fantasiose, al contenuto cristallino dell’art. 20, co. 7 della L. 44/1999 in ordine al provvedimento di sospensione disposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica per fatti di usura ed alla sua caratteristica vincolatività per il Giudice dell’Esecuzione.

Espleta un intervento nomofilattico in un campo d’azione ove per troppo tempo si è assistito ad un modus operandi sia da parte del Pubblico Ministero che del Giudice dell’Esecuzione ad usum delphini del dettato normativo, peraltro distinto e distante dalla ratio legis, ed ha enunciato il seguente principio di diritto:
Il giudice dell'esecuzione cui sia stato trasmesso il provvedimento del pubblico ministero che, sulla base dell'elenco fornito dal prefetto, dispone la "sospensione dei termini" di una procedura esecutiva a carico del soggetto che ha chiesto l'elargizione di cui alla legge n. 44 del 1999, non può sindacare né la valutazione con cui il pubblico ministero ha ritenuto sussistente il presupposto della provvidenza sospensiva, né l'idoneità della procedura esecutiva ad incidere sull'efficacia dell'elargizione richiesta dall'interessato.
Spetta invece al giudice dell'esecuzione sia il controllo della riconducibilità del provvedimento del pubblico ministero alla norma sopra citata, sia l'accertamento che esso riguarda uno o più processi esecutivi pendenti dinanzi al suo ufficio, sia la verifica che nel processo esecutivo in corso o da iniziare decorra un termine in ordine al quale il provvedimento di sospensione possa dispiegare i suoi effetti” (cfr. Pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione n° 21854 del 20/09/2017).

Casus belli è il carattere vincolante per il Giudice dell’Esecuzione del provvedimento di sospensione del Pubblico Ministero.

Ripercorrendo storicamente l’iter della disposizione normativa in parola, la Suprema Corte è ritornata sulla distinzione ontologica tra le due formulazioni, ante e post riforma della L. 3/2012: se dapprima, difatti, per la concessione dell’istata sospensione dei termini era necessario il parere vincolante del Prefetto, espressione del potere amministrativo, essa ora è disposta su provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica competente per le indagini sul reato di usura od estorsione.
La differenza non è di poco conto se si tiene in debita considerazione uno dei principi cardini dell’ordinamento statuale: la separazione dei poteri, di montesquiana memoria.
Nella prima versione della norma, il Giudice dell’Esecuzione, nel proprio ambito operativo, vedeva limitarsi dal parere vincolante di un Organo non appartenente al proprio ordine: è il potere amministrativo che influisce su quello giudiziario.

Dopo l’intervento legislativo del 2012, invece, è il provvedimento favorevole del Pubblico Ministero ad incidere sulle procedure esecutive in corso: in questo caso, entrambi i protagonisti, Procuratore della Repubblica e Giudice dell’Esecuzione, sono espressione dello stesso Potere dello Stato, quello giudiziario.
Anche per questa seconda riformulazione della norma, ci si è lamentati di un’ingerenza nel processo decisionale del dominus dell’esecuzione: ciò che è senz’altro un’interferenza non è assolutamente da intendersi come una compressione del suo potere.

Ciò che, però, è stato sinora completamente travisato è il carattere temporaneo e non decisorio del provvedimento di sospensione adottato dal Pubblico Ministero ai sensi e per gli effetti dell’art. 20, co. 7 della Legge 44/1999, e peraltro non coessenziale all’esercizio dell’azione penale.

È intervenuta, altresì, una pronuncia della Corte Costituzionale recante n° 192 del 2014 per specificare il carattere non discrezionale del provvedimento del Pubblico Ministero che resta, in ogni caso, connesso alla presentazione dell’istanza di accesso al Fondo per le vittime di usura ed estorsione, e quindi prima ancora di disporre le necessarie ed indifferibili indagini preliminari sul caso specifico posto alla sua attenzione.

A tal riguardo si rimanda alla nota redatta dall’Avv. Biagio Riccio e pubblicata sul più importante portale giuridico on-line “Dejure” della casa editrice Giuffré su un analogo provvedimento di sospensione ottenuto presso la Procura della Repubblica di Torino.

La vera natura di questo suo decisum, difatti, risiede in estensione dell’attività d’indagine preliminare, prodromica all’accertamento del fatto costituente reato.

Per evitare che nell’iter d’approvazione dell’istanza possano peggiorare le condizioni economiche del richiedente, oggetto a procedimenti di espropriazione immobiliare, si è individuato un rimedio che possa scongiurare temporaneamente (massimo 300 giorni) questa minaccia.
Nelle more che si espleti l’istruttoria sull’istanza da parte della Prefettura e le indagini preliminari sul reato di usura da parte del Pubblico Ministero, le procedure esecutive pendenti conoscono un periodo temporaneo di sospensione.

Il Giudice dell’Esecuzione, al quale viene trasmesso il provvedimento del Pubblico Ministero, non può su questo sindacare ma, presone atto del contenuto, disporre con ordinanza la sospensione: è vincolato ad esso e non è possibile l’esplicarsi su questo alcun controllo se non quello di una coincidenza soggettiva tra il soggetto richiedente l’accesso al Fondo ed il debitore esecutato.

Palese dimostrazione di questo automatismo la si rinviene nel provvedimento di sospensione emesso dal Giudice dell’Esecuzione di Castrovillari a seguito del provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica di Cosenza su un’istanza di accesso al fondo acclusa ad una querela redatta dall’Avv. Raffaele Garofalo dello Studio Legale dell’Avv. Biagio Riccio.

Con la presentazione della querela, la Pubblica Accusa è stata immediatamente notiziata della richiesta di accesso al Fondo per le vittime di usura da parte della persona offesa, con l’indicazione analitica della procedura esecutiva di cui se ne chiedeva la sospensione dei termini.
Acclarata detta circostanza, ha disposto la sospensione e comunicato il proprio provvedimento al Giudice dell’Esecuzione che, presone atto, l’ha disposta con ordinanza.

È fondamentale che il modus operandi del professionista sia improntato alla strenua difesa del diritto alla proprietà, costituzionalmente garantita, del debitore esecutato, minacciato da una procedura azionata e proseguita su presupposti marchianamente illeciti quando v’è la presenza di pattuizione usurarie nel contratto stipulato.

Si mette la parola fine ad inspiegabili provvedimenti di diniego della sospensione dei termini da parte di Pubblici Ministeri poco solerti ad applicare il dettato cristallino della norma in questione oltre che di Giudici dell’Esecuzione che non recepivano il provvedimento del Pubblico Ministero disponendo la sospensione della procedura esecutiva.


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