domenica 13 settembre 2015

SPIEGHIAMO COS'È LA TRUFFA CONTRATTUALE

Come si può riconoscere in tempo la TRUFFA CONTRATTUALE, che può essere perpetrata dagli ISTITUTI DI CREDITO ai danni del correntista/imprenditore? SDL Centrostudi offre analisi gratuita delle anomalie finanziarie su conti correnti, mutui, leasing, derivati e atti impositivi. 




In materia bancaria – finanziaria gli istituti di credito commettono truffa contrattuale, qualificata come reato a tutti gli effetti, quando rilasciano una mendace e dunque voluta informazione sulla rischiosità delle operazioni concluse da parte dei funzionari di un istituto di credito in conclamata violazione del generale principio di buona fede negoziale, oltre che degli specifici obblighi previsti dalla legge sulle Società d’intermediazione mobiliare. 

Pertanto un’operazione sicuramente speculativa e non di copertura, caratterizzata da un rapporto rischio-rendimento perverso in quanto l’aspettativa di un rendimento, comunque modesto, risulti correlata ad una serie di circostanze che al contempo ne condizionavano l’elevatissima rischiosità, per cui nessun investitore, ove consapevole del rapporto rischio-rendimento sotteso all’operazione finanziaria, l’avrebbe conclusa. 

Nel caso in cui l’operazione, infatti, nonostante la sua improponibilità, sia stata ugualmente conclusa, ciò non può che essere avvenuto in seguito ad una mendace e dunque proponente informazione idonea ad indurre in errore il malcapitato investitore, essendo evidente che, senza l’artifizio, il raggiro e l’induzione in errore circa il suo contenuto, la vittima avrebbe rifiutato la transazione.

Per quanto attiene l’individuazione del momento consumativo del delitto di truffa aggravata a seguito della negoziazione di contratti di swap, da ricondursi al genus dei reati a consumazione prolungata, la condotta delittuosa deve ritenersi consumata nel momento della scadenza dei singoli contratti, con la contabilizzazione nel conto corrente dei singoli clienti delle perdite e con il corrispondente vantaggio per l’istituto di credito. Laddove la parte offesa, dopo la scoperta della condotta delittuosa, al fine di evitare oneri patrimoniali connessi al reato, stipuli, alla scadenza del contratto fraudolentemente sottoscritto, un nuovo e diverso contratto con l’istituto medesimo, frutto di una autonoma e consapevole scelta del cliente truffato, tale atto non risulta idoneo ad incidere sul momento consumativo del reato, interrompendosi il collegamento causale tra la condotta ingannatoria e l’ulteriore obbligazione assunta. Ne consegue che, individuato il momento perfezionativo del reato con la scadenza dei singoli contratti di swap, da tale momento inizia a decorrere il termine di prescrizione.

Il reato di truffa contrattuale, inoltre, è un reato a consumazione prolungata. In una operazione di finanza derivata posta in essere dalle parti, non si verte in tema di reato permanente, né di reato istantaneo ad effetti permanenti – ricostruzioni che postulano l’unitarietà della condotta dell’agente – bensì di reato a consumazione prolungata giacché il soggetto palesa la volontà, sin dall’inizio, di realizzare un evento destinato a durare nel tempo, quantomeno per tutta la durata annuale dei singoli contratti. La condotta truffaldina perdura fino a quando non vengono a scadenza i singoli contratti, cessando in tale momento l’attività illecita, consolidandosi l’ingiusto profitto a favore del beneficiario.




Infine, l’individuazione del momento consumativo del delitto di truffa contrattuale a seguito della vendita di prodotti derivati swap, La Corte di Cassazione afferma che il delitto di truffa contrattuale non si consuma nel momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza l’ingiusto profitto da parte dell’agente con la conseguente perdita economica da parte della persona offesa. È necessario che il profitto dell’azione truffaldina entri nella sfera giuridica di disponibilità dell’agente, non essendo sufficiente che esso sia fuoriuscito da quella del soggetto passivo.

A titolo di esempio, recentemente la Corte di Appello di Milano, riformando la sentenza assolutoria di primo grado, ha condannato per truffa aggravata alcuni funzionari di banca per aver indotto piccoli e medi imprenditori a porre in essere operazioni finanziarie su derivati valutari mediante raggiri consistiti in informative fraudolente che dissimulavano la elevata rischiosità degli strumenti finanziari negoziati.
Ancora, una ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo nei confronti di alcune banche sottoposte ad indagine per l’illecito di cui all’art. 24 del D.Lgs. 231/01 per aver fraudolentemente indotto il Comune di Milano a stipulare contratti derivati negoziati in conflitto di interesse, nella inosservanza della specifica disciplina pubblicistica ed occultando costi ingenti ai danni dell’ente pubblico.

Tali pronunce assumono un grande rilievo in quanto consentono di esaminare alcuni aspetti patologici della negoziazione dei contratti derivati non standardizzati, peraltro di frequente indicati come una delle cause dei dissesti e della caduta di credibilità che hanno caratterizzato in questi ultimi anni il sistema economico e finanziario.

In questo senso un primo problema fondamentale evidenziato dalla giurisprudenza è costituito dalla profonda asimmetria informativa esistente tra le parti contraenti in un mercato non regolamentato (over the counter) e, pertanto, opaco e scarsamente trasparente.

Inoltre, i contratti derivati sono strumenti finanziari estremamente sofisticati e connotati da una elevata aleatorietà; la valutazione degli oneri e del rischio finanziario assunto dipende dalla disamina di algoritmi estremamente complessi e, pertanto, scarsamente decifrabili per operatori che non siano estremamente qualificati.

È  anche per questi motivi che il rapporto tra intermediari finanziari e clientela è assoggettato ad una disciplina speciale, enunciata dagli artt. 21 e ss del T.U.F. e dagli artt. 26 e ss. del Regolamento Intermediari, che integra i principi generali del diritto contrattuale anche in punto di informazione nelle trattative.

L’art. 21, comma 1, lett. a), del T.U.F. prevede infatti che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento i soggetti abilitati “devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”.


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