L’anatocismo bancario (dal greco ἀνατοκισμός anatokismós, composto di ἀνα- «sopra, di nuovo» e τοκισμός «usura») è un fenomeno che consiste nella produzione di interessi (capitalizzazione) da altri interessi resi produttivi sebbene scaduti o non pagati su un determinato capitale, il che determina una crescita esponenziale del debito.
Nonostante tale prassi sia espressamente vietata dalla Corte di Cassazione dal 1999, i medesimi istituti di credito continuano a praticare tale capitalizzazione di interessi, confidando in una pronuncia del CICR (Comitato Interministeriale Credito e Risparmio) datata 9 Febbraio 2000.
In particolare, la delibera in oggetto ha fissato il principio per cui sono valide le pattuizioni del contratto bancario che prevedano l’anatocismo purché vi sia la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e quelli passivi.
Ciò rilevato, resta comunque il fatto che si tratta di un istituto sul quale permane una forte conflittualità, la quale è destinata ad essere positivamente superata a seguito di numerosi provvedimenti emessi recentemente dai fori diversi.
Storica è la sentenza del Tribunale di Milano del Marzo 2015 che in forza di ricorso dei correntisti ha vietato a tre banche l’utilizzo di qualsiasi forma di anatocismo sui conti in essere e su quelli nuovi, ordinando agli stessi istituti di pubblicizzare la condanna sui loro siti e sulla stampa nazionale oltreché ad ogni correntista, rilevando altresì il fatto che la legge non demandi al CICR l’adozione di una delibera con cui stabilire le modalità ed i criteri di produzione degli interessi nei rapporti bancari.
Altrettanto significativo è l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite che – con la Sentenza n. 9127/2015 – ha ribadito il divieto assoluto e tombale di anatocismo tramite capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, esteso, a livello temporale, dalla consueta trimestralità, all’infinito per tutta la durata del rapporto contrattuale, negando dunque anche la possibilità di capitalizzazione annuale.
Una illegittimità già confermata dalla Legge di Stabilità 2014 (co. 629, L. 147/2013) che ridefinì l’art. 120 del Tub (Testo unico bancario), pur in assenza dell’attesa delibera di attuazione del Cicr (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio tra i cui membri, ricordiamolo, ci sono Bankitalia e il Tesoro) che comunque, allo stato attuale delle cose, ancora non è arrivata. A ogni modo il tribunale di Milano, su ricorso proposto dalla Associazione movimento dei consumatori, con espresso richiamo al divieto introdotto dalla Legge di Stabilità, ha quindi dichiarato (confermandola), con la sentenza di cui sopra, illegittima la pratica dell’anatocismo bancario a partire dal primo gennaio 2014, sostenendo l’impossibilità di interpretazione contraria.
La Suprema Corte osserva infatti che dalla giurisprudenza che ha vietato la capitalizzazione trimestrale appaia “assolutamente arbitrario trarne la conseguenza che, nel negare l’esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o esplicitamente) la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima che difettare di “normatività”, usi siffatti non si rinvengono nella realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell’ultimo cinquantennio anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata però dalla opinio iuris ac necessitatis) di capitalizzazione trimestrale, ma che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori, né di necessario bilanciamento con quelli creditori“.
Quelli appena riportati sono solo alcuni esempi, forse i più significativi, i quali confermano l’assoluta illegittimità della condotta ancora tenuta dagli istituti bancari.
Per la banca però tocca al correntista verificare che non ci siano strane clausole nei contratti che esse stesse propongono!
Visto che, nonostante le sentenze arrivate a condannare l’anatocismo la situazione resta immutata, invitiamo, quindi, tutti i correntisti (aziende o privati) che abbiano in corso un mutuo, un finanziamento o altri affidamenti (scoperti di conto corrente, fidi per smobilizzo crediti, eccetera) ad affidarsi ai nostri professionisti qualificati affinché controllino che non siano ancora applicate clausole che di fatto consentono il calcolo di interessi anatocistici.
Nonostante tale prassi sia espressamente vietata dalla Corte di Cassazione dal 1999, i medesimi istituti di credito continuano a praticare tale capitalizzazione di interessi, confidando in una pronuncia del CICR (Comitato Interministeriale Credito e Risparmio) datata 9 Febbraio 2000.
In particolare, la delibera in oggetto ha fissato il principio per cui sono valide le pattuizioni del contratto bancario che prevedano l’anatocismo purché vi sia la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e quelli passivi.
Ciò rilevato, resta comunque il fatto che si tratta di un istituto sul quale permane una forte conflittualità, la quale è destinata ad essere positivamente superata a seguito di numerosi provvedimenti emessi recentemente dai fori diversi.
Storica è la sentenza del Tribunale di Milano del Marzo 2015 che in forza di ricorso dei correntisti ha vietato a tre banche l’utilizzo di qualsiasi forma di anatocismo sui conti in essere e su quelli nuovi, ordinando agli stessi istituti di pubblicizzare la condanna sui loro siti e sulla stampa nazionale oltreché ad ogni correntista, rilevando altresì il fatto che la legge non demandi al CICR l’adozione di una delibera con cui stabilire le modalità ed i criteri di produzione degli interessi nei rapporti bancari.
Altrettanto significativo è l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite che – con la Sentenza n. 9127/2015 – ha ribadito il divieto assoluto e tombale di anatocismo tramite capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, esteso, a livello temporale, dalla consueta trimestralità, all’infinito per tutta la durata del rapporto contrattuale, negando dunque anche la possibilità di capitalizzazione annuale.
Una illegittimità già confermata dalla Legge di Stabilità 2014 (co. 629, L. 147/2013) che ridefinì l’art. 120 del Tub (Testo unico bancario), pur in assenza dell’attesa delibera di attuazione del Cicr (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio tra i cui membri, ricordiamolo, ci sono Bankitalia e il Tesoro) che comunque, allo stato attuale delle cose, ancora non è arrivata. A ogni modo il tribunale di Milano, su ricorso proposto dalla Associazione movimento dei consumatori, con espresso richiamo al divieto introdotto dalla Legge di Stabilità, ha quindi dichiarato (confermandola), con la sentenza di cui sopra, illegittima la pratica dell’anatocismo bancario a partire dal primo gennaio 2014, sostenendo l’impossibilità di interpretazione contraria.
La Suprema Corte osserva infatti che dalla giurisprudenza che ha vietato la capitalizzazione trimestrale appaia “assolutamente arbitrario trarne la conseguenza che, nel negare l’esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o esplicitamente) la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima che difettare di “normatività”, usi siffatti non si rinvengono nella realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell’ultimo cinquantennio anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata però dalla opinio iuris ac necessitatis) di capitalizzazione trimestrale, ma che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori, né di necessario bilanciamento con quelli creditori“.
Quelli appena riportati sono solo alcuni esempi, forse i più significativi, i quali confermano l’assoluta illegittimità della condotta ancora tenuta dagli istituti bancari.
Per la banca però tocca al correntista verificare che non ci siano strane clausole nei contratti che esse stesse propongono!
Visto che, nonostante le sentenze arrivate a condannare l’anatocismo la situazione resta immutata, invitiamo, quindi, tutti i correntisti (aziende o privati) che abbiano in corso un mutuo, un finanziamento o altri affidamenti (scoperti di conto corrente, fidi per smobilizzo crediti, eccetera) ad affidarsi ai nostri professionisti qualificati affinché controllino che non siano ancora applicate clausole che di fatto consentono il calcolo di interessi anatocistici.
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